SAI CHE…I Marziani sono stati creati da un errore di traduzione?

SAI CHE…I Marziani sono stati creati da un errore di traduzione?

I traduttori sono ben consapevoli che il loro lavoro, spesso svolto nell’ombra e talvolta considerato solo un modo per arrotondare, può causare notevoli problemi se eseguito male. Se una traduzione eccellente tende a passare inosservata perché scorre naturalmente, una traduzione scarsa può rendere la lettura difficile e poco piacevole, o addirittura alterare il significato del testo.

Uno degli esempi più significativi di come un malinteso possa portare a conseguenze epocali è stato descritto da Giovanni Bignami, astrofisico e divulgatore, nel suo libro “I marziani siamo noi”. Tutto ha avuto inizio quando Giovanni Virginio Schiaparelli, celebre astronomo e direttore dell’Osservatorio di Brera, osservò per la prima volta Marte attraverso il suo telescopio e iniziò a disegnarne la superficie. In quel periodo, l’osservazione astrale non si basava su macchine fotografiche o telecamere, ma sull’occhio umano, e ciò che si vedeva doveva essere disegnato a mano su carta.

Schiaparelli interpretò le variazioni di colore sulla superficie del Pianeta Rosso come segni di continenti e mari, collegati da canali. Il suo lavoro ebbe un enorme successo e le sue parole e immagini raggiunsero gli Stati Uniti, dove affascinarono Percival Lowell, un influente diplomatico che abbandonò la sua carriera per dedicarsi all’astronomia. Tuttavia, la traduzione errata del termine italiano “canali” in “canals” (canali artificiali) invece di “channels” (bracci di mare naturali) portò Lowell a credere erroneamente che Marte fosse punteggiato da strutture artificiali, anziché da formazioni naturali.

Il malinteso provocato dalla traduzione errata alimentò le fantasie di Lowell, che iniziò a teorizzare sull’esistenza di una civiltà marziana avanzata. Nel 1911, riuscì persino a far pubblicare sul New York Times un titolo sensazionalistico che annunciava la costruzione di canali marziani. Tuttavia, le teorie fantasiose di Lowell furono smentite dalle fotografie astronomiche, che mostrarono chiaramente che la superficie di Marte non era come lui l’aveva immaginata.