Steven Seagal, l’attore americano noto per i suoi ruoli in film d’azione, ha suscitato nuove polemiche con il suo ultimo documentario intitolato “In nome della giustizia”. In questo lavoro, Seagal ribadisce la sua totale fedeltà al presidente russo Vladimir Putin, un legame che si è fatto sempre più stretto nel corso degli anni. L’attore è stato ufficialmente nominato “rappresentante speciale” per motivi culturali, un ruolo che ha accolto con entusiasmo, utilizzandolo come piattaforma per sostenere le politiche aggressive del Cremlino nei confronti dell’Ucraina.
Nel documentario, Seagal visita alcuni prigionieri ucraini detenuti nel campo di Olenivka, esprimendo la sua opinione sulle condizioni di detenzione. Sostenendo che gli arrestati vivono in condizioni troppo favorevoli, l’attore ha rilasciato dichiarazioni che hanno suscitato indignazione, affermando di essere pronto a sacrificare la propria vita per Putin. La sua dedizione al leader russo è ulteriormente evidenziata in una lettera indirizzata a Putin, presente nel film, in cui dichiara: “Io sarò sempre dalla parte del mio presidente e combatterò al suo fianco. Sono pronto a morire se necessario”.
Queste affermazioni non solo alimentano il dibattito sull’influenza degli artisti nella politica, ma sollevano anche interrogativi sulle implicazioni morali e etiche del supporto incondizionato a un regime che ha intrapreso azioni militari contro un altro stato sovrano. La figura di Seagal, che ha già suscitato controversie per il suo allineamento politico, continua a essere al centro di un acceso dibattito, attirando l’attenzione sia dei media che dell’opinione pubblica.