I Queen sono sempre stati molto aperti nell’autorizzare l’uso delle loro canzoni per film, spot pubblicitari e campionamenti, senza mai farsi problemi, a meno che non ci fosse un contesto che promuoveva “violenza o soprusi”. Questo, come racconta Brian May, il chitarrista della band, nell’ultima cover story del mensile Mojo, quando viene chiesto del loro approccio alle pubblicità.
“Era una decisione voluta, ma non l’abbiamo presa a cuor leggero”, afferma May, spiegando che la band non ha mai visto le proprie canzoni come un qualcosa da proteggere gelosamente. A tal proposito, il chitarrista cita un episodio tratto dal film di Oliver Stone sui Doors, in cui la band rifiuta l’idea di permettere l’uso di “Light My Fire” per una pubblicità, per non “macchiare” il proprio songwriting. “Le nostre canzoni sono fatte affinché la gente ne faccia quel che vuole, perché mai dovremmo fare i preziosi?” aggiunge May, sottolineando la filosofia liberale del gruppo.
L’unica eccezione al loro approccio aperto era rappresentata dal periodo del gangsta rap negli anni ’90, che spesso celebrava la violenza, il crimine e comportamenti sessisti. “Non abbiamo mai concesso il permesso di campionare le nostre canzoni quando c’era qualcuno che promuoveva violenza o soprusi, come nel caso dei pezzi che offendevano le donne”, spiega Brian May. “Ma a parte questo, le nostre canzoni sono lì per chiunque.”
In definitiva, per i Queen l’arte e la musica sono un mezzo universale, pronto a essere reinterpretato da chiunque, ma sempre con un’attenzione particolare a non legarsi a messaggi dannosi o offensivi. “Come ho già avuto modo di dire, tutta l’arte si basa sul furto”, conclude May, enfatizzando come la musica e l’arte siano sempre in evoluzione e in dialogo con il mondo che le ascolta.
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