Luciano Ligabue torna per la quinta volta a Campovolo, nella sua Reggio Emilia, con “La Notte di Certe Notti”, un evento che celebra i 30 anni dell’album Buon compleanno Elvis, i 20 anni dal primo leggendario concerto a Campovolo e i 35 anni di carriera. Un traguardo importante per il rocker di Correggio, che trasforma ancora una volta la RCF Arena in una grande festa collettiva, richiamando oltre 100.000 fan.
La prima volta fu nel 2005, poi ancora nel 2011, 2015 e 2022. Ora, per la quinta edizione, il live è diventato un vero e proprio villaggio in festa: proiezioni di film, karaoke, giochi, cimeli esposti nella Liga Street e un’atmosfera da luna park. “All’inizio Campovolo ci è quasi sfuggito dalle mani – ricorda Liga – nessuno immaginava che sarebbe arrivata così tanta gente. Ma da allora è sempre stato chiaro che un semplice concerto non bastava più. Così siamo arrivati alla festa di due giorni di quest’anno. Abbiamo lavorato sodo per alzare l’asticella”.
Il filo conduttore della serata è un’immaginaria Las Vegas, ispirata anche al videoclip di Viva! del 1995, che rappresenta contraddizioni, sogni e simboli dell’America che tanto ha influenzato l’immaginario del cantautore. Ma Campovolo è anche un’occasione per riflettere sul mondo attuale. Sul palco, Ligabue prende posizione contro i conflitti globali, il riscaldamento climatico e il fenomeno dei “finti sold out” nel panorama musicale.
Con il brano Il mio nome è mai più, scritto nel 1999 insieme a Piero Pelù e Jovanotti contro la guerra nei Balcani, Liga torna a parlare di pace. Introduce il pezzo con le parole di Roberto Benigni pronunciate a Propaganda Live, accompagnato da messaggi forti proiettati sui maxischermi: “Basta con il massacro a Gaza”, “Basta con il massacro in Ucraina”, “Basta con il massacro in Sudan”, “Basta con i 50 massacri in corso nel mondo”. “Ogni parola rischia di sembrare superflua di fronte a tanto orrore, ma dobbiamo credere che una fine sia possibile. Se non senti il dolore dei bambini, non sei umano”, ha detto prima di salire sul palco.
Sul cambiamento climatico, tema affrontato con Cosa vuoi che sia, Ligabue denuncia l’inerzia dei grandi della Terra: “È un argomento che si cerca di mettere sotto al tappeto. Servirebbe smontare tutto, ma non lo può fare un cantante”. Infine, critica il sistema discografico attuale e la frenesia dei numeri truccati: “Non ci vuole molto a capire che è diventato un mondo troppo competitivo. Ora sembra che se non fai uno stadio subito dopo un provino, non vali. Ma è proprio questo il problema”.
Il percorso di Ligabue è stato lungo e costruito passo dopo passo, con il successo arrivato dopo i trent’anni. “Sono nato e cresciuto nella Bassa. La carta d’identità parla chiaro: ho 65 anni e li ho vissuti tutti qua. Le mie radici sono parte del mio lavoro. E io non smetto mai di scrivere. Ho già abbastanza materiale per due o tre album, ma pubblicare è un’altra cosa. Vedremo quando sarà il momento”.
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